Cremona, nel dicembre del 1502, una giovane donna, Antonietta Pescaroli dava alla luce un figlio, avuto da un nobile rampollo della casata degli Zaccaria, chiamato Lazzaro, nel palazzo di sua proprietà, non lontano dalla grandiosa cattedrale romanica, con accanto il Torrazzo, altissimo campanile, visibile da tutti i quartieri, segno di quella comunione che, almeno nella fede cristiana, tutti si riconoscevano fratelli, redenti da Cristo, nonostante i tanti litigi e le non rare scaramucce tra le famiglie. Pochi giorni dopo al bambino veniva amministrato il battesimo nel battistero attiguo al duomo, e gli veniva dato il nome di Antonio.
Col battesimo Dio mise in questo bimbo un fuoco d'amore divorante, che rimase nascosto per un po' di tempo, ma che scoppierà nella giovinezza e nella maturità, era il fuoco dello Spirito Santo, che lo condurrà per vie nuove, e sarà uno dei grandi riformatori dei costumi, propulsore della perfezione cristiana, promotore di quel "fervor cristiano" che culminerà con la riforma della chiesa del Cinquecento.
A dire il vero anche nell'infanzia già si cominciarono a intravedere scintille di questa fiamma, quando, incontrando un povero mendicante tutto intirizzito, seduto per terra, in pieno inverno, quell'inverno della pianura Padana, con la nebbia che ti penetra fino nelle ossa, Antonio non fece ragionamenti, prese il mantello che portava, lo mise addosso al poveraccio, correndo poi a scusarsi dalla mamma, ormai vedova, che, al rimprovero, unì un sentimento di ringraziamento a Dio per la sensibilità del ragazzo. Come tutti i ragazzi di nobili origini, fu fatto studiare, sia con i primi rudimenti impartiti in casa dalla mamma e da qualche probabile precettore, poi fu approfondita la conoscenza delle materie classiche, le scienze naturali e le giuridiche, per poter poi frequentare la facoltà di medicina a Padova, dove conseguì il dottorato, con sempre nel cuore però quel fuoco che gli ardeva dentro, senza sapere ancora cosa fare.
Tornato a Cremona incominciò ad esercitare la professione di medico, attento più a curare gratuitamente i poveri che andare nelle stanze dei ricchi, e gradatamente comprese che la carità doveva essere la sua strada, carità verso i più deboli e i più poveri: gli ammalati.
Proprio nel frequentare i malati nei tuguri dei poveri scoprì due grandi povertà: l'ignoranza delle cose umane e l'ignoranza delle cose divine, i bimbi senza alcuna conoscenza delle fede cristiana e la miseria spirituale dei grandi.
Al vedere i piccoli dei poveri, non solo assenti per la trascuratezza del corpo, del vestito, ma ancor più di ogni istruzione, l'ardore d'amore per i fratelli lo spinse a farsi catechista, ad insegnare loro la dottrina cristiana, constatando ogni giorno di più la trascuratezza del clero nell'istruire i fedeli. La miseria spirituale delle anime gli parve molto peggiore di quella dei corpi, per cui le malattie corporali gli fecero scoprire quelle spirituali, fu così che allora incominciò a comprendere l'urgenza dell'opera dei sacerdoti per il bene spirituale del popolo. Si mise ad approfondire la conoscenza della Bibbia, della filosofia scolastica e della teologia, fino a quando, anche su consiglio del suo padre spirituale, fu ordinato presbitero nel duomo della sua città natale, Cremona.
La celebrazione della prima Santa Messa fu fatta, non con le solite solennità del tempo e del luogo, degne del suo rango di giovane nobile, ma in privato. Poté così lasciare pieno sfogo all'amore che aveva nel cuore, abbandonandosi totalmente nelle mani di quel Cristo che si era fatto presente per la prima volta per il suo ministero. Tale fu l'ardore che - dicono i testimoni - una corona di angeli si fece presente, quasi a rendere visibile l'invisibile calore d'amore che c'era in quest'uomo.
Da sacerdote iniziò il ministero, sempre divorato dalla fiamma del fervore d'amore, ricevuta nel battesimo, e cresciuta sempre più nel tempo, fu un ministero tutto personale, spesso in contrasto con il modo di fare nel tempo, basato su tre aspetti: la catechesi ai piccoli, la dottrina agli adulti e salendo sul pulpito spiegava in modo semplice e chiaro, in modo da essere compreso da tutti, la dottrina cristiana e le leggi morali, quindi la presenza nel confessionale, perdonando in nome di Cristo le anime ed esortando con gran fervore ad abbandonare il peccato e a crescere nell'amor di Dio e del prossimo. Ma quel fuoco interiore non lo lasciava in pace e, al di là del gran bene che faceva, lo spinse ad accogliere la proposta di essere cappellano della contessa Ludovica Torelli, di Guastalla, era una tappa attraverso la quale, dalla provinciale Cremona sarebbe poi arrivato in quella Milano, dove avrebbe avuto inizio un nuovo corso, pieno di cose grandi, con l'apertura di nuovi cammini, che da lui avranno inizio e che si prolungheranno nel tempo, fino ai giorni nostri, con la prospettiva di continuare nei secoli futuri.
Col trasferimento a Guastalla ebbe modo di conoscere, stimare e lasciarsi guidare da un frate domenicano, Fra' Battista da Crema, già confessore della contessa Torelli, che divenne poi padre spirituale dello Zaccaria; da lui spronato, riprese vigore quel volere approfondire il cammino di perfezione cristiana che era sempre stato caro al suo cuore, curato anche a Cremona nel Cenacolo detto "dell'amicizia", presso la chiesetta di San Vitale, dove si era sforzato di rinnovare uomini e donne secondo l'insegnamento evangelico.
Spinto dalla stessa fiamma, quella cioè di prendere sul serio la perfezione cristiana, si fece apostolo nella casa della Torelli, non solo della contessa e dei suoi intimi, ma di tutti i frequentatori, ospiti e servi compresi. AI seguito della Torelli si trasferì a Milano nel 1530, ove la contessa aveva acquistato dei beni immobili, e venne a contatto ancora una volta con le miserie spirituali del tempo, come la decadenza dei costumi, la povertà spirituale degli ecclesiastici e la rilassatezza dei consacrati maschi e femmine, oltre alle altre tante miserie umane di nobili e plebei, favorite anche dalle varie guerre succedutesi nel tempo. Ma anche incontrò presso l'oratorio dell"'Eterna Sapienza" persone attente alle cose dello spirito, frequentato, tra gli altri, dal domenicano Michele Ghislieri, che divenne poi papa con il nome di Pio V, e che poi la Chiesa riconoscerà come santo, e ancora oggi ne celebriamo la memoria il 30 aprile. Lo Zaccaria ne divenne uno dei frequentatori più convinti. E fu lì che incontrò altri due innamorati di Cristo, il conte Bartolomeo Ferrari e Giacomo Morigia, con i quali, sempre sotto la direzione del domenicano fra' Battista da Crema, diede inizio al movimento dei "Paolini", vale a dire di quei fedeli, sacerdoti e laici, che vedevano, in San Paolo Apostolo, l'esempio e la guida per il proprio cammino spirituale oltre che l'ansia apostolica per la salvezza delle anime.
Lo Zaccaria, sfinito dal tanto apostolato, provato dalle persecuzioni, sentendosi venir meno, ritornò a Cremona da sua madre, ove spirò il 5 luglio 1539. Testimoni presenti affermarono che poco prima di rendere l'anima a Dio ebbe una visione di paradiso, dove gli apostoli supplicarono il Padre celeste di aver subito con sé Antonio, Paolo disse invece che era ancora necessario per la sua piccola congregazione, ma gli apostoli insistettero, e il Padre lo volle con sé, perché proteggesse la congregazione dal cielo.
Questo ardore per il rinnovamento del fervore cristiano portò a dare inizio ad un triplice gruppo di persone, di sacerdoti, detti Chierici Regolari di S. Paolo, poi chiamati popolarmente "Barnabiti" dalla chiesa ove risiedevano, di consacrate dette "Angeliche di S. Paolo", suore aperte all'apostolato diretto e anche, anticipando i tempi, di "Maritati di S. Paolo", tre "Collegi Zaccariani", fatti da persone infuocate d'amore per Dio e per il prossimo.
Era scoppiato un incendio che avrebbe contagiato altri cuori, erano nate nuove famiglie che avrebbero dato alla chiesa, soprattutto con i Barnabiti, una lunga serie di santi, di dotti, di ecclesiastici di pregio, testimoni forti e fedeli della chiesa, come dimostrano, nonostante il sempre numero esiguo, ben 7 cardinali e 66 vescovi, 3 santi canonizzati, 5 venerabili e 8 servi di Dio, dei quali è in corso la causa di canonizzazione.
Ed è così che i "Barnabiti" si fermarono presso la chiesa di San Barnaba, dove ai tre già citati (Zaccaria, Morigia, Ferrari) se ne aggiunsero altri 7, e le Angeliche presso la chiesa di San Paolo converso.
La spiritualità "paolina" era basata su alcuni punti basilari: la necessità di una ripresa del "fervore cristiano", riscoprendo il valore del "Crocifisso", segno di purificazione grande e di misericordia divina, il "Crocifisso vivo", vale a dire l'Eucaristia, dove nella celebrazione si fa presente veramente il sacrificio espiativo di Cristo, e la presenza reale nell'ostia consacrata, il Cristo risorto e quindi "vivo" da adorare, ringraziare, implorare, anche con l'esposizione pubblica dell'Ostia consacrata, anche nella forma delle processioni e delle Quarantore.
Il fuoco d'amore, messo nel cuore dello Zaccaria da Dio Padre e da Cristo Signore, poteva anche visibilmente esprimersi con i confratelli, pure essi spinti da tale ardore, nell'Eucaristia, "Crocifisso vivo", con la conseguenza che, non potendo più contenerlo, doveva essere trasmesso agli altri in ogni forma di apostolato, nella predicazione, nelle celebrazioni, nelle adorazioni, nelle missioni, e nella "rinvigorizzazione della vita consacrata" in Lombardia e in Veneto, dando inizio a quella grande riforma che poi, il Concilio di Trento, ordinerà e diffonderà, con tutta l'autorità della chiesa, anche in reazione alla cosiddetta "riforma protestante" fori era di tante eresie.
Ma si sa, quando si fa sul serio, quando si combatte decisamente contro il male, è immancabile che vengano delle persecuzioni, e fu così che anche i primi Barnabiti e le Angeliche dovettero affrontare ben due processi ecclesiastici, perché sospettati di eresia, ma che si conclusero con il completo proscioglimento.
I Barnabiti ebbero una prima approvazione verbale dal papa Clemente VII in Bologna il 18 febbraio 1533 e una scritta dal papa Paolo III in data 24 luglio 1535.
La spiritualità "paolina" era basata su alcuni punti basilari: la necessità di una ripresa del "fervore cristiano", riscoprendo il valore del "Crocifisso", segno di purificazione grande e di misericordia divina, il "Crocifisso vivo", vale a dire l'Eucaristia, dove nella celebrazione si fa presente veramente il sacrificio espiativo di Cristo, e la presenza reale nell'ostia consacrata, il Cristo risorto e quindi "vivo" da adorare, ringraziare, implorare, anche con l'esposizione pubblica dell'Ostia consacrata, anche nella forma delle processioni e delle Quarantore.
Il fuoco d'amore, messo nel cuore dello Zaccaria da Dio Padre e da Cristo Signore, poteva anche visibilmente esprimersi con i confratelli, pure essi spinti da tale ardore, nell'Eucaristia, "Crocifisso vivo", con la conseguenza che, non potendo più contenerlo, doveva essere trasmesso agli altri in ogni forma di apostolato, nella predicazione, nelle celebrazioni, nelle adorazioni, nelle missioni, e nella "rinvigorizzazione della vita consacrata" in Lombardia e in Veneto, dando inizio a quella grande riforma che poi, il Concilio di Trento, ordinerà e diffonderà, con tutta l'autorità della chiesa, anche in reazione alla cosiddetta "riforma protestante" fori era di tante eresie.
Ma si sa, quando si fa sul serio, quando si combatte decisamente contro il male, è immancabile che vengano delle persecuzioni, e fu così che anche i primi Barnabiti e le Angeliche dovettero affrontare ben due processi ecclesiastici, perché sospettati di eresia, ma che si conclusero con il completo proscioglimento.
Disponibile al download alcuni scritti legati di Sant'Antonio Maria Zaccaria:
E inoltre la preghiera e l'Inno (mp3):