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La statua lignea del Santo

Le notizie storiche su S. Sebastiano sono davvero poche, ma la diffusione del suo culto ha resistito ai millenni, ed è tuttora molto vivo: ben tre Comuni in Italia portano il suo nome: San Sebastiano al Vesuvio (NA), San Sebastiano da Po (TO), San Sebastiano al Curone (AL) e tanti altri lo venerano come santo patrono. Si ricorda inoltre il grande porto spagnolo di San Sebastián, l’isola di Sao Sebastiao in Brasile, di fronte a San Paolo. Le fonti storiche certe sono: il più antico calendario della Chiesa di Roma, la ‘Depositio martyrum’ risalente al 354, che lo ricorda al 20 gennaio e il “Commento al salmo 118” di s. Ambrogio (340-397), dove dice che Sebastiano era di origine milanese e si era trasferito a Roma, ma non dà spiegazioni circa il motivo. Le poche notizie storiche sono state poi ampliate e diciamo abbellite, dalla successiva ‘Passio’, scritta probabilmente nel V secolo dal monaco Arnobio il Giovane. Ne facciamo qui il riassunto integrando le due fonti, dando prima una introduzione storica.


 

Nel 260 l’imperatore Galliano aveva abrogato gli editti persecutori contro i cristiani, ne seguì un lungo periodo di pace, in cui i cristiani pur non essendo riconosciuti ufficialmente, erano però stimati, occupando alcuni di loro, importanti posizioni nell'amministrazione dell’impero. E in questo clima favorevole, la Chiesa si sviluppò enormemente anche nell'organizzazione; Diocleziano che fu imperatore dal 284 al 305, desiderava portare avanti questa situazione pacifica, ma poi 18 anni dopo, su istigazione del suo Cesare Galerio, scatenò una delle persecuzioni più crudeli in tutto l’impero. Sebastiano, che secondo s. Ambrogio era nato e cresciuto a Milano, da padre di Narbona (Francia meridionale) e da madre milanese, era stato educato nella fede cristiana, si trasferì a Roma nel 270 e intraprese la carriera militare intorno al 283, fino a diventare tribuno della prima coorte della guardia imperiale a Roma, stimato per la sua lealtà e intelligenza dagli imperatori Massimiano e Diocleziano, che non sospettavano fosse cristiano. Grazie alla sua funzione, poteva aiutare con discrezione i cristiani incarcerati, curare la sepoltura dei martiri e riuscire a convertire militari e nobili della corte, dove era stato introdotto da Castulo, domestico (cubicolario) della famiglia imperiale, che poi morì martire. 

La leggendaria ‘Passio’, racconta che un giorno furono arrestati due giovani cristiani Marco e Marcelliano, figli di un certo Tranquillino; il padre ottenne un periodo di trenta giorni di riflessione prima del processo, affinché potessero salvarsi dalla certa condanna sacrificando agli dei. Nel tetro carcere i due fratelli stavano per cedere alla paura, quando intervenne il tribuno Sebastiano riuscendo a convincerli a perseverare nella fede; mentre nel buio della cella egli parlava ai giovani, i presenti lo videro circondato di luce e tra loro c’era anche Zoe, moglie del capo della cancelleria imperiale, diventata muta da sei anni. La donna si inginocchiò davanti a Sebastiano, il quale dopo aver implorato la grazia divina fece un segno di croce sulle sue labbra, restituendole la voce. A ciò seguì una collana di conversioni importanti, il prefetto di Roma Cromazio e suo figlio Tiburzio, Zoe col marito Nicostrato e il cognato Castorio; tutti in seguito subirono il martirio, come pure i due fratelli Marco e Marcelliano e il loro padre Tranquillino.Sebastiano per la sua opera di assistenza ai cristiani, fu proclamato da papa S. Caio “difensore della Chiesa” e proprio quando, secondo la tradizione, aveva seppellito i santi martiri Claudio, Castorio, Sinforiano, Nicostrato, detti Quattro Coronati, sulla via Labicana, fu arrestato e portato da Massimiano e Diocleziano, il quale già infuriato per la voce che si diffondeva in giro, che nel palazzo imperiale si annidavano i cristiani persino tra i pretoriani, apostrofò il tribuno: “Io ti ho sempre tenuto fra i maggiorenti del mio palazzo e tu hai operato nell’ombra contro di me, ingiuriando gli dei”. Sebastiano fu condannato ad essere trafitto dalle frecce; legato ad un palo in una zona del colle Palatino chiamato ‘campus’, fu colpito seminudo da tante frecce da sembrare un riccio; creduto morto dai soldati fu lasciato lì in pasto agli animali selvatici. Ma la nobile Irene, vedova del già citato s. Castulo, andò a recuperarne il corpo per dargli sepoltura, secondo la pia usanza dei cristiani, i quali sfidavano il pericolo per fare ciò e spesso venivano sorpresi e arrestati anche loro. Irene si accorse che il tribuno non era morto e trasportatelo nella sua casa sul Palatino, prese a curarlo dalle numerose lesioni. Miracolosamente Sebastiano riuscì a guarire e poi nonostante il consiglio degli amici di fuggire da Roma, egli che cercava il martirio, decise di proclamare la sua fede davanti a Diocleziano e al suo associato Massimiano, mentre gli imperatori si recavano per le funzioni al tempio eretto da Elagabolo, in onore del Sole Invitto, poi dedicato ad Ercole. Superata la sorpresa, dopo aver ascoltato i rimproveri di Sebastiano per la persecuzione contro i cristiani, innocenti delle accuse fatte loro, Diocleziano ordinò che questa volta fosse flagellato a morte; l’esecuzione avvenne nel 304 ca. nell’ippodromo del Palatino, il corpo fu gettato nella Cloaca Massima, affinché i cristiani non potessero recuperarlo. L’abbandono dei corpi dei martiri senza sepoltura, era inteso dai pagani come un castigo supremo, credendo così di poter trionfare su Dio e privare loro della possibilità di una resurrezione. La tradizione dice che il martire apparve in sogno alla matrona Lucina, indicandole il luogo dov’era approdato il cadavere e ordinandole di seppellirlo nel cimitero “ad Catacumbas” della Via Appia. Le catacombe, oggi dette di San Sebastiano, erano dette allora ‘Memoria Apostolorum’, perché dopo la proibizione dell’imperatore Valeriano del 257 di radunarsi e celebrare nei cosiddetti “cimiteri cristiani”, i fedeli raccolsero le reliquie degli Apostoli Pietro e Paolo dalle tombe del Vaticano e dell’Ostiense, trasferendoli sulla via Appia, in un cimitero considerato pagano. Costantino nel secolo successivo, fece riportare nei luoghi del martirio i loro corpi e dove si costruirono poi le celebri basiliche. Sulla Via Appia si costruì un’altra basilica costantiniana la “Basilica Apostolorum”, in memoria dei due apostoli.

Fino a tutto il VI secolo, i pellegrini che vi si recavano attirati dalla ‘memoria’ di s. Pietro e s. Paolo, visitavano in quel cimitero anche la tomba del martire, la cui figura era per questo diventata molto popolare e quando nel 680 si attribuì alla sua intercessione, la fine di una grave pestilenza a Roma, il martire S. Sebastiano venne eletto taumaturgo contro le epidemie e la chiesa cominciò ad essere chiamata “Basilica Sancti Sebastiani”.La pala d'altare dedicata a San SebastianoIl santo venerato il 20 gennaio, è considerato il terzo patrono di Roma, dopo i due apostoli Pietro e Paolo. Le sue reliquie, sistemate in una cripta sotto la basilica, furono divise durante il pontificato di papa Eugenio II (824-827) il quale ne mandò una parte alla chiesa di S. Medardo di Soissons il 13 ottobre 826; mentre il suo successore Gregorio IV (827-844) fece traslare il resto del corpo nell’oratorio di San Gregorio sul colle Vaticano e inserendo il capo in un prezioso reliquiario, che papa Leone IV (847-855) trasferì poi nella Basilica dei Santi Quattro Coronati, dove tuttora è venerato. Gli altri resti di S. Sebastiano rimasero nella Basilica Vaticana fino al 1218, quando papa Onorio III concesse ai monaci cistercensi, custodi della Basilica di S. Sebastiano, il ritorno delle reliquie risistemate nell’antica cripta; nel XVII secolo l’urna venne posta in una cappella della nuova chiesa, sotto la mensa dell’altare, dove si trovano tuttora.


 

S. Sebastiano è considerato patrono degli arcieri e archibugieri, tappezzieri, fabbricanti di aghi e di quanti altri abbiano a che fare con oggetti a punta simili alle frecce. Patrono di Pest a Budapest e dei Giovani dell’Azione Cattolica, è invocato nelle epidemie, specie di peste, così diffusa in Europa nei secoli addietro. Nell’arte antica S. Sebastiano fu variamente raffigurato come anziano, uomo maturo con barba e senza barba, vestito da soldato romano o con lunghe vesti proprie di un uomo del Medioevo.

La pala d'altareDal Rinascimento in poi diventò nell'arte, l’equivalente degli dei ed eroi greci, celebrati per la loro bellezza come Adone o Apollo, poi ispirandosi ad una leggenda dell’VIII secolo, secondo la quale il martire sarebbe apparso in sogno al vescovo di Laon, nelle sembianze di un efebo, pittori e scultori cominciarono a raffigurarlo come un bellissimo giovane nudo, legato ad un albero o colonna e trafitto dalle frecce. Il soggetto si presentava ad una libera interpretazione del primo martirio delle frecce, (non si teneva conto che fosse poi morto con il flagello) e secondo l’estro dell’artista per un compiaciuto virtuosismo anatomico, applicato ad un soggetto religioso.

Anche Michelangelo nel “Giudizio Universale”, lo immaginò nudo e possente come un Ercole, mentre stringe in pugno un fascio di frecce, interpretazione guerriera del mite santo, beato nella comunione del Signore. Innumerevoli sono le opere d’arte che lo raffigurano e quasi tutti gli artisti, pittori e scultori, si cimentarono nell’opera, anzi la semplicità del soggetto, uomo nudo legato ad una colonna, fu congeniale specie agli scultori.

Ancora vivente, il papa lo denominò “difensore della Chiesa” e celeste patrono, difensore fu denominato da intere città. Capolavoro di questo tema è l’affresco di Benozzo Gozzoli nella chiesa di S. Agostino, della turrita San Gimignano (1465), dove S. Sebastiano come le iconografie della Madonna della Misericordia, accoglie gli abitanti della città sotto il suo mantello, sorretto da angeli e contro il quale si spezzano le frecce scagliate dal cielo da Dio. Infine è da ricordare che insieme a S. Giovanni Battista, è molto raffigurato nei gruppi di santi che circondano il trono della Madonna o che sono posti ai lati della Vergine.


 

La Confraternita della Misericordia di S. Sebastiano è una delle più antiche e più note della città. Ancor oggi gli ultimi e assai anziani Confratelli sono fieri di appartenere a questo sodalizio che si è distinto per zelo, pietà e servizio. Nelle processioni la loro bandiera di seta che faceva spicco per dimensioni e… cronologia: 1852 - era seguita da numerosi Confratelli nerotogati recanti artistiche fiaccole d'argento e ceri. Spesso pellegrinavano a Montenenero, partendo all'alba e percorrendo circa dieci chilometri a piedi, in salita, alternando canti e preghiere. Nelle vigilie e feste veniva recitato coralmente l'ufficio divino in latino e nei trapassi di parenti o amici l'ufficio dei morti, eseguiti in perfetto gregoriano perché il maestro di canto liturgico del Seminario dava loro lezione ogni settimana. Ne restano ancora alcuni esemplari manoscritti in notazione gregoriana. La cura per funzioni è attestata anche dal numero e dalla qualità degli oggetti sacri acquistati da loro per la cappella della confraternita (pianete in lamina d'oro e d'argento, larga coltre di velluto con ricami d'argento, baldacchino bianco serico con fiori, lanterne in legno scolpito e dorato, ecc.). Due guerre mondiali, con morti e dispersi, le trasmigiazioni, le malattie, la vecchiaia, aprirono larghi vuoti: alcuni passarono alla direzione della Misericordia cittadina o alle Confraternite delle rispettive parrocchie, cosicché è rimasto un piccolo «resto» nella diaspora che vive di ricordi. L'ultima volta in cui avvenne un simpatico «rimpatrio» con 25 presenti fu nel 1962, in occasione della nomina del nuovo parroco venuto da Firenze che desiderava conoscerli per rivitalizzare la Confraternita. Fu un'«estate di San Martino» che durò un po' d'anni, specialmente per opera dei più volenterosi. Tutti ricordano ancora con tanto rimpianto Natalino Pagni.


 

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